Alcune considerazioni sul referendum costituzionale
Il 20 e 21 settembre voteremo per il referendum costituzionale che
riduce il numero di parlamentari. Se vincerà il SÌ, la riforma è
approvata e si passa da 630 a 400 deputati e da 315 a 200 senatori.
Se al contrario vince il NO, le cose rimangono così come sono. Quello
che sento in questi giorni sono argomentazioni, che di logico non
hanno un bel niente, presentate da certi "costituzionalisti"
dell'ultima ora; tendono a ergersi a supremi difensori della
Costituzione con un modo di fare quasi religioso. Altri poi cercano
di difendere il proprio punto di vista squalificando l'avversario
(come si fa di solito in Italia per ogni discussione politica).
In realtà la faccenda è estremamente più semplice di come è presentata
e qui ve ne voglio parlare. Prima di cominciare, faccio notare che io
non sostengo nessuna delle due fazioni (non avendo ancora scelto cosa
votare). Proporrò semplicemente un criterio di scelta per il voto.
Chiaramente cambia poco se il numero di deputati fosse ad esempio 625
o 642, invece che gli attuali 630. In un certo senso possiamo
affermare che se il numero di parlamentari di discosta di poco da
quello attuale, poco cambiano le caratteristiche della nostra
democrazia. Diciamo quindi che le caratteristiche della democrazia
cambiano con continuità col numero di parlamentari. Ma quali sono le
caratteristiche delle democrazia che cambiano? Beh, un parlamento con
pochi rappresentanti ha il vantaggio di prendere decisioni più
rapidamente, mentre uno più grande ha processi legislativi più
"burocratici" e lenti. D'altro canto un parlamento grande è più
rappresentativo della popolazione di quanto lo sia uno piccolo. Lo si
vede chiaramente con gli estremi: un parlamento formato da un solo
deputato fa le leggi in un attimo, ma non rappresenta per nulla le
minoranze; viceversa se tutti i 60 milioni di Italiani sedessero in
parlamento, non si riuscirebbe a prendere nessuna decisione (ma
sarebbero tutti rappresentati). Pertanto, credo concorderete, il
numero ottimale di deputati è una via di mezzo.
Un altro vantaggio di un parlamento grande è che, per influenzare il
voto con la corruzione, serve l'appoggio di un maggior numero di
deputati. Però in un parlamento piccolo il valore del singolo
deputato cresce, quindi è necessario più denaro per corromperlo. C'è
poi anche la questione che con un parlamento piccolo si risparmia
sugli stipendi degli onorevoli, ma oserei dire che è una somma
risibile e che questo è un argomento fantoccio.
Come votare quindi? Beh, alla luce di quanto detto e vedendo
l'esperienza di altri paesi, scegliete qual è il numero di
parlamentari nel vostro parlamento ideale. Se si avvicina di più a
630+315=945, votate NO; se invece si avvicina di più a 400+200=600
votate SÌ [1]. Tutto il resto sono emerite falsità demagogiche [2].
Ma quali sono queste falsità che si continuano a dire?
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La Costituzione non si tocca. Faccio umilmente notare che la
Costituzione stessa permette di essere modificata.
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Stai con la casta!!!11!!1!! Definisci "casta".
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Si favorisce Salvini/il PD/i grillini. Che è come dire: «invece
di convincere la gente a votare per il mio partito, meglio fare
delle regole che mi favoriscono». Vorrei poi far notare che le
Leggi, e ancor di più le Leggi costituzionali, devono essere
universali e non funzionare solo per la politica e la società
attuale. In questo caso, comunque sarà il risultato del
referendum, manterremo il numero di parlamentari per molti decenni
a venire.
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Bisogna accompagnare il taglio dei parlamentari con una riforma
organica della Costituzione. Questa frase è basata sul nulla.
Basta rileggersi quanto scritto sopra per accorgersene. Di solito
quelli che usano questa argomentazione vogliono fare la "riforma
organica" e presentarla come semplice "taglio dei parlamentari",
salvo che ci infilano dentro una "sorpresona".
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Il taglio dei parlamentari è la vittoria del
populismo/antipolitica/demagoglia. Anche questa frase è basata
sul nulla. Il fatto che i proponenti siano i cosiddetti
populisti, non rende questa proposta populista.
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Insieme al taglio dei parlamentari bisogna fare la riforma
elettorale. In primo luogo ricordo la legge 27 maggio 2019,
n. 51,
con la quale si è reso il sistema elettorale indipendente dal
numero di parlamentari (sostanzialmente all'interno della legge
che regola le elezioni espressioni del tipo "i 630 deputati"
vengono sostituite con "i deputati"); pertanto anche questa è un
affermazione basta sul nulla. In secondo luogo vorrei esprimere
la mia indignazione per come si concepiscono le leggi elettorali
in Italia. Praticamente siamo stati abituati ad una riforma
elettorale per legislatura o quasi, fino allo scandalo (io lo
concepisco tale) dell'Italicum, legge elettorale MAI usata per
NESSUNA elezione. A pensar male si direbbe che i governi,
guardano i sondaggi e tendano a fare una una legge elettorale che
li favorisca in modo da poter perpetuare il loro potere. Vedendo
invece altri paesi, i sistemi elettorali rimangono invariati. Ad
esempio se uno guarda le elezioni della Camera dei Deputati degli
Stati Uniti in
Massachussets
vede che il sistema elettorale è lo stesso dalla fine del '700
(hanno solo cambiato i collegi per adattarli alla popolazione).
Perché non possiamo anche noi mantenere un sistema elettorale per
almeno un secolo prima di cambiarlo? (Con questo non intendo dire
dire che l'attuale sistema elettorale vada bene, anzi. Voglio
solo che la competizione elettorale si svolga con delle regole
fisse e che non vengono cambiate per il capriccio di qualche
politicante aggrappato alla poltrona.)
In conclusione, dico che la cosa senz'altro positiva di questo
referendum è che, indipendentemente dal risultato, non sentiremo più
politicanti andare in TV a menarla con questa storia del taglio dei
parlamentari.
[1] Uno può intendere la parola "avvicina" anche in senso logaritmico,
cioè dire che la distanza tra x e y è pari a |log x - log y|.
Oppure considerare altre distanze.
[2] A dirla tutta ci sarebbero altre cinque cosine da notare.
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Se passa la riforma il numero minimo di senatori assegnati a
ciascuna regione passa da 7 a 3, venendo quindi svantaggiate le
regioni più piccole.
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Le Province autonome vengono equiparate alle regioni,
avvantaggiando quindi i Trentini e i Sudtirolesi.
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La riforma riduce da 12 a 8 e da 6 a 4 rispettivamente i deputati
e senatori eletti nella circoscrizione estero. Vengono quindi
avvantaggiati gli Italiani espatriati.
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Il numero di senatori a vita nominati dal PdR non può mai superare
cinque.
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I rappresentanti regionali convocati per l'elezione del PdR non
cambiano di numero, dunque le regioni aumentano il loro potere.
Si veda
qui per
ulteriori dettagli.